Che gran cosa, che gran cosa i mondiali di calcio di Spagna de l’82, nipote mio. Nessuno sapeva lo spagnolo, a malapena qualche bimbo come me parlottava qualche parola di inglese che allora si cominciava ad imparare a scuola, ma tutti quanti sapevamo che Spagna si scriveva España, con quella enne col baffo che era quasi come quella degli gnocchi e dunque per tutti noi quelli erano i mondiali di Espagna 82 e del pallone Tango.
I miei presero pure la televisione nuova per i mondiali e pure a colori e pure col telecomando che divenne da allora il vero aggeggio da contendersi nelle case degli italiani del dopo cena dei programmi di una prima serata che oggi sembra cominciare sempre più tardi ma non quella sera perché
tutta, tutta l’Italia si era fermata davanti i televisori e nessuno avrebbe mai osato cambiar canale e credo che neppure nessuno venne alla luce o morì in quei 90 minuti.
E poi, poi tutti sapevano a memoria i cognomi e i ruoli dei giocatori in campo e in banchina e, a volte, pure i numeri delle maglie della nazionale dell’allenatore Bearzot: Zoff, Baresi, Bergomi, Cabrini, Collovati, Gentile, Scirea, Vierchovod, Antognoni, Dossena, Marini, Bordon, Oriali, Tardelli, Conte, Causio, Massaro, Altobelli, Graziani, Selvaggi, Galli e Rossi.
Rossi, Rossi, Rossi che quando infilò tre goal alla nazionale del Brasile che già allora tutti chiamavano Seleção ma che ancor oggi tutti dicono Selesaou tutto restò difficile ma tutto sembrò possibile, anche vincere i mondiali, e fu Polonia e fu finale Germania allo stadio Santiago Berbanéu di Madrid e fu ancora Rossi e l’urlo di Tardelli e quello di “Spillo” Altobelli e così furono anche qui tre, furono tre e «Palla al centro per Müller, ferma Scirea, Bergomi, Gentile, è finito! Campioni del mondo, Campioni del mondo, Campioni del mondo!!!»
L’Italia per una volta era una e tutta intera nel tricolore, dalle Alpi al mediterraneo ed oltre verso le sue isole e tutti, anche se per una notte, ci sentimmo italiani e ci sentimmo tutti campioni del mondo con la nostra nazionale. E quell’Italia discese tutta in strada a festeggiare me lo ricordo ancora.
Era un Italia diversa, un Italia bella anche fuori dal campo, con un vero partigiano come Presidente che fumava la pipa ed esultava dagli spalti un “non ci prendono più” ai tedeschi sul campo e sugli spalti lui che i tedeschi lo avevano messo in prigione e quasi ucciso durante l’ultima guerra.
Prima erano stati anni di piombo ma ora sembrava che fosse finalmente giunta la felicità per tutto il paese e ci ritrovammo tutti abbracciati ed uniti.
Sapevamo che tutto sarebbe finito ma non quella notte e fino alle prime ore dell’alba tutto sarebbe stato pura gioia e felicità grazie a Paolo Rossi che per tutti da quel mondiale rimase il nostro Pablito.