NONNO PARLAMI DELLE VACANZE ESTIVE DI UNA VOLTA

500 con bagagliera e bagagliNipote mio, le vacanze estive di una volta erano come un’avventura; sembravamo tutti partire per un viaggio verso una regione ignota e ancora inesplorata della terra anche se, in realtà, il più delle volte ci si spostava solo di qualche decina di chilometri o – ma solo i più temerari – qualche centinaio.

L’unica cosa quasi certa era la data di partenza per quello che un tempo chiamavamo esodo estivo; ad un orario non meglio precisato di queste giornate particolari (che venivano indicate come da bollino rosso o nero: il peggiore!) che prefiguravano, nella migliore delle ipotesi, un’intera giornata da trascorrere in auto a sentir tuo padre bisbigliare qualche pia preghiera nel continuo cambio di marcia e di pedali: 1a , alza piano la frizione, un po’ di acceleratore, e molla il pedale dell’acceleratore e pigia la frizione e 2a e un po’ di acceleratore – qualche istante – poi molla e freno e frizione e 1a e STOP (mica come adesso che avete il drone cui parlate e dite all’intelligenza artificiale che lo governa dove portarvi!).
L’ora approssimativa della partenza, invece, dipendeva molto dalle capacità di stivaggio dei membri della famiglia nel caricare il bagaglio. Infatti, per questo viaggio che si pianificava prima per tutto l’anno, si riempiva l’auto all’inverosimile dopo aver già abbondantemente impilato sull’antenata di quella che, poi, chiamarono “porta suocera” e che, all’epoca, era la bagagliera. Una struttura in ferro che di anno in anno arrugginiva sempre più agganciata al tetto della macchina che ti consentiva (scoppio delle ruote permettendo) di portarti via in vacanza mezza casa.
I più esperti viaggiatori (che dispensavano per questo consigli), prevedevano da fondo un nylon che poi avrebbe ricoperto i bagagli di: valigie, borse, borsoni e borsette che, in caso di eventi atmosferici avversi, forse avrebbe salvato il carico di vestiti, mutande e alimenti vari. Tutto era assicurato da dei robusti elastici con, ambo i lati, un gancio ad uncino che, fissatone uno a una parte della bagagliera, sempre e solo i più esperti, sapevano dove farli passare per assicurare al meglio il carico ma… non erano mai lunghi abbastanza!
Eh sì! Mancava ogni anno sempre quel solito stramaledetto centimetro per agganciare quella specie di amo da pesca così grosso e robusto da sembrare quello per far abboccare una balena in quell’unico, solo buco, che sapevi avrebbe assicurato bene il carico.

Mica era vero! Andavano bene anche altri punti, ma ormai avevi ingaggiato quel duello con quel cavetto che non potevi lasciarlo vincere. Saliva così sia la progressiva volgarità delle parolacce dette che delle eresie pensate.

Anche il tono della voce aumentava, sempre più alto, quasi ti fosse d’aiuto per raggiungere quel stramaledettissimo foro cui agganciarlo perché era ormai quasi questione di vita e di morte.

Si tirava così quell’elastico tanto, ma così tanto che poi, a volte, scappava di mano ed era un: “…teentiii gancioooo”.

Così, ogni componente della famiglia si proteggeva istintivamente e velocemente con le braccia il viso mentre, con la coda dell’occhio, si cercava di vedere da che parte poteva arrivare il colpo nel tentativo di schivarlo che, se ti andava bene, ti graffiava il volto ma poteva anche cavarti un occhio e così saresti sì diventato pure un pirata ma sarebbe anche finita la vacanza al pronto soccorso più vicino a casa e questo non doveva assolutamente accadere perché le ferie una volta erano una cosa sacra e si dovevano assolutamente fare!

Le ferite lievi venivano pertanto curate sul posto con abbondanti dosi di alcol ma tu eri uomo, anche se un piccolo uomo, e dovevi dimostrarti all’altezza del dolore, trattenendo le lacrime e morsicandoti la lingua ma convinto che ti avrebbe fatto meno male il taglietto provocato dal gancio tamponandone il sangue con un fazzoletto (purtroppo erano anche gli anni in cui cominciammo a disinfettarci dalla vita).

Alla fine, quando tutto il carico era ben assicurato sul tetto dell’auto con così tanta roba che ormai da lontano la macchina poteva sembrare un grattacielo che vedevi solo nei film americani e che, durante il viaggio, in caso di curva pericolosa, avresti trattenuto con la mano fuori dal finestrino per non far sbandare l’auto, solo allora si passava allo stivaggio interno.

E il bagagliaio? Mica caricavate il bagagliaio, ti starai chiedendo.

Ma là mica c’era posto sai, perché c’era la bombola (a dire il vero un vero e proprio bombolone) quella del gas, quello che, per risparmiare, veniva usato per non consumare la benzina del serbatoio che costava molto di più. Quello che, se in viaggio ti fossero venuti in … [non si può dire che poi mi censurano il post] improvvisamente le tue vacanze al mare o in montagna sarebbero diventate una missione spaziale verso la luna.

Ma, passiamo all’interno! Tenuta, per quanto possibile, libera la postazione del guidatore (con al più qualcosa di impilato sopra il freno a mano), si passava a trovar posto alle cose più delicate del mangiare e del bere con le bottiglie in vetro del vino tra le gambe e la verdura fresca dell’orto ficcata dentro i portaoggetti delle portiere.

Infine, quando anche l’ultimo spazio in mezzo ai sedili posteriori dei passeggeri era occupato perché, comunque, ci si dimenticava sempre quell’ultima cosa che forse poteva servire, finalmente si partiva.

Si partiva con l’aria condizionata dei finestrini rigorosamente aperti, come pure aperti tutti i bocchettoni dell’aria che sparavano aria calda; gli asciugamano fissati ai finestrini a far da parasole per evitare la scottatura ancor prima della spiaggia e un occhio alla temperatura dell’acqua motore con una bottiglia piena d’acqua di rubinetto sempre pronta all’uso casomai servisse aggiungerne al radiatore.
Come forse avrai capito nipote mio, era un viaggio nel viaggio un po’ avventuroso e, a volte, pure pericoloso, ma era un viaggio diverso un anno dall’altro, e non solo per la destinazione. Ogni volta ci si ricordava (forse) dell’errore nel carico dell’anno precedente e così si caricava magari una cosa in maniera diversa e si lasciava anche a casa quella cosa proprio inutile e così di inutili se ne potevano caricare almeno altre tre e c’era sempre lui, il gancio! E l’anno dopo forse saresti stato un po’ più grande per partecipare alla sfida.

Insomma, non erano mica come i viaggi preconfezionati di oggi che un volo low ti porta verso una qualsiasi destinazione best, ormai quasi uguale in ogni dove a lottare per chiudere la micro valigia per farci stare il cambio di una settimana di vita e preconfezionata felicità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto