SPACCIATE PERIFERIE DEL CENTRO

Ogni nostra città, un tempo, aveva un centro con le sue vie di vita nei negozi, uomini e donne, proprietari e clienti, che si sentivano parte di un’unica comunità poi? Poi si cominciò a sentire odore di periferia, periferia umana.

Ma abbiamo lasciato fare, abbiamo abbandonato, o ci hanno fatto abbandonare, il centro, la piazza e le sue vie e, più di tutto, ci hanno fatto abbandonare il nostro essere una comunità, un po’ colpa nostra ed un po’ colpa loro, tutti presi allora dalla novità dei nuovi centri artificiali appena fuori città.

Centri freschi d’estate e caldi d’inverno, che grandi imprese, spesso multinazionali, offrivano barattando qualche migliaio di metri quadri ad uso commerciale qua e qualche altra migliaia di metri quadrati là con qualche cavalcavia, qualche pezzo di pista ciclabile o una fila di lampioni nuovi in giro per i nostri quartieri col popolo plaudente a vederli finalmente realizzati.

E così siamo diventati sempre più estranei e sempre più senza identità, diventando dipendenti dal centro, ma quello commerciale e, come si inseguono le mode, si accorreva tutti a vivere e spendere quando apriva l’ultimo, quello nuovo.

Tutti centri in periferia in cui andiamo credendo di andare ancora in centro con bar e pizzerie e ristoranti, ristorante fast, cinese diventato nippon, etnico diventato all’occorrenza africano, indiano, messicano, vegetariano trasformato in vegano anche qui inseguendo la moda del momento e negozi da cui uscire con sporte di plastica diventate di carta perché più green, dove ritirare la tua spesa fatta on line e, tra un acquisto e l’altro, mollare pure quei rompi balle dei figli al baby sitting ed andare così chi dal parrucchiere e chi dall’estetista per la grande serata di gala al centro commerciale tra musica dal vivo, partita di campionato in full mega schermo acca di o qualcos’altro, bevendo un caffè e sorseggiando un long.

Intanto, le compagnie di adolescenti, le nuove leve di questa nostra società di consumatori, che un tempo andavano a farsi le passeggiate in piazza, ora le compagnie si danno appuntamento vicino le porte scorrevoli d’entrata del centro scelto per questa settimana, poi la prossima si vedrà, prima di fare il giro delle offerte gastronomiche o spacciate come nostrane ma fatte spesso all’estero o made in qualcosa di lontano perché costano meno e offrono maggiore profitto.

In questo centro mancano solo, e finalmente secondo molti, il negozio del municipio e quello della chiesa in questa nuova piazza del consumo di shopping. Che restino fuori dal center sia le istituzioni che Dio che non c’è tempo di pensare al futuro se non viene consumato alla cassa e non ci deve essere manco il tempo per pregare per la tua morte te che tanto non morirai mai proprio come dice la pubblicità sullo schermo a led.

Così, in tutte le nostre vie, un anno dopo l’altro, un commerciante si arrendeva e abbassava la saracinesca e il giorno dopo un altro ed il giorno dopo un altro ancora e quello che era centro diventava periferia.

I più fortunati, o furbi, o che semplicemente avevano letto prima degli altri i tempi dipende, fortunati erano e fortunati sono rimasti e hanno potuto vendere i propri negozi per primi e non si sono posti tante domande e, addio al negozio, addio alla via, addio al centro. I più sfortunati, quelli che tentarono di non arrendersi, abbassarono infine la saracinesca e la luce di una vetrina spenta divenne così periferia.

Per gli appartamenti e le case delle nostre vie di quello che ormai non era più centro più o meno successe la stessa cosa. Il primo proprietario che vendette di solito era ancora fortunato e ancora ci guadagnava qualcosa di un mercato immobiliare di una zona un tempo di pregio ma ormai ora solo da svendere. E, via via, come un titolo in borsa che perde anzi che cola a picco le case sono diventate muri stracci e quei pochi della comunità di un tempo rimasti, senza risorse neppure per quasi regalare, lasciare ed andarsene, si sono rintanati per un coprifuoco in quella loro città che ormai non è più loro, dove bisogna stare attenti pure ad aprir la porta, perché di fronte non sta più il vicino, quello a cui davi la copia delle chiavi di casa e devi stare attento pure a scendere le scale, perché qualcuno può avere lasciato il portoncino aperto e non sai mai chi possa salire e manco ci pensi ad andare in strada perché, spesso anche di giorno, là fuori tutto è diventato giungla ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette.

E così oggi apparteniamo ai centri commerciali e non apparteniamo più ad una comunità attorno al nostro centro e alle sue vie. Spacciate da qualcuno come laboratori del futuro sono adesso spesso solo spacciate – in ogni senso – periferie umane uguali a tante altre periferie del mondo, tutte uguali, spesso violente, molte volte sporche che sembrano arrivate direttamente da quelle che un tempo vedevamo per la televisione.

Manca solo che la comunità perda pure il prete, quello buono, quello con gli attributi nel darti la benedizione quella giusta se ti comporti male o forse pure quello la via l’ha già persa ma persa dentro perché ora la chiesa ha un nuovo corso, moderno, che rincorre il progresso e che corre dritta dentro questo millennio buttando via i due millenni precedenti ma questa è un’altra storia. Addio centro e addio comunità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto